Reati tributari connessi al “SUPERBONUS 110%”

L’indebita compensazione

Sommario: Il Superbonus 110%; Quando la compensazione assume rilevanza penale? 

Il Superbonus 110%

La disciplina dei Superbonus 110% è stata introdotta con il decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34, meglio conosciuto come “Decreto Rilancio”, il quale ha previsto una rilevante ed innovativa detrazione fiscale pari al 110% dell’ammontare delle spese sostenute dal contribuente per la realizzazione di specifici interventi edilizi attraverso il Super Ecobonus e il Super Sisma Bonus.

Le due tipologie di interventi sono preordinate ad agevolare gli interventi di efficientamento energetico delle unità immobiliari (Super Ecobonus) ovvero ad incentivare gli interventi di adeguamento antisismico degli edifici (Super Sisma Bonus).

Atteso che l’ottenimento del suddetto beneficio è subordinato alla sussistenza di requisiti soggettivi e oggettivi, i soggetti coinvolti, sia nella qualità di beneficiari diretti dei Superbonus che di operatori economici, ricorrono, talvolta, a condotte abusive o addirittura illecite al fine di ottenerlo.

Tra le condotte illecite poste in essere si possono elencare, a titolo esemplificativo e non esaustivo, i reati di truffa, falsità in atti, nonché numerosi reati tributari, tra i quali emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, indebita compensazione.

In particolare, il reato di indebita compensazione, disciplinato dall’ art. 10 quater del D.lgs. n. 74/2000, si realizza quando il soggetto utilizza in compensazione crediti non spettanti ovvero crediti inesistenti.

La compensazione è una modalità di estinzione dell’obbligazione diversa dall’adempimento, in cui i soggetti dell’obbligazione tributaria si trovano al contempo e reciprocamente in una posizione di debito e credito, per cui è conferito al contribuente il diritto di detrarre dall’imposta dovuta il valore del credito vantato nei confronti del fisco, con conseguente abbattimento dell’imposta o richiesta di rimborso della porzione del credito superiore all’imposizione fiscale.
Detta facoltà del contribuente è disciplinata dall’art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente.

Quando la compensazione assume rilevanza penale?

Ai sensi dell’art. 10 quater del D.lgs. n. 74/2000 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chi utilizza in compensazione – ai sensi dell’articolo 17 del D.lgs. n. 241/1997 – crediti non spettanti, mentre è punito con la reclusione da diciotto mesi a sei anni chi utilizza in compensazione crediti inesistenti, per un totale superiore a 50.000 € per ogni periodo d’imposta.

Il primo è identificabile come “quel credito che, pur certo nella sua esistenza e nel suo esatto ammontare, sia, per qualche ragione normativa, ancora non utilizzabile ovvero non più utilizzabile; è invece inesistente il “credito per il quale non sussistono gli elementi costitutivi e giustificativi dello stesso” (Cass. pen., sez. III, n. 36393/2015).

Il delitto è rilevante nella misura in cui il fornitore o cessionario abbiano la facoltà di usare il credito di imposta ex art. 121 del Decreto Rilancio attraverso la compensazione del debito tributario, mediante il modello F24.

Si distinguono, inoltre, la compensazione “verticale” e quella “orizzontale” a seconda se si tratti di imposte di uguale o diversa natura e in quest’ultimo caso la configurabilità del delitto de quo è confermata dalla giurisprudenza per la quale “Il reato di indebita compensazione dei crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10 quater D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è configurabile sia nel caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia nel caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa” (Cass. pen., sez. IV, n. 37085/2021).

Il delitto di indebita compensazione potrebbe derivare da lavori edilizi in tutto o in parte inesistenti ovvero anche nei casi in cui lo stesso sia stato ottenuto sulla scorta di documentazione falsamente attestante la sussistenza dei requisiti tecnici e normativi di cui all’art. 119.

Ai fini di una responsabilità penale è rilevante che il soggetto abbia effettivamente preso parte alla condotta truffaldina preordinata all’indebito ottenimento del Superbonus, sorretta dalla coscienza e volontà di non versare le somme dovute all’erario per mezzo dell’abbattimento dell’imposta, attraverso la compensazione con crediti inesistenti.

Ritiene infatti la Cassazione che “La norma sanziona quelle condotte che, finalizzate ad omettere il pagamento dell’imposta dovuta attraverso il ricorso al meccanismo della compensazione ex articolo 17 D.lgs. 241/1997, si sostanzino nella predisposizione e redazione di un documento ideologicamente falso in quanto idoneo a prospettare una compensazione che, in realtà, non avrebbe potuto avere luogo poiché fondata su un credito inesistente o comunque non spettante e, come tale, inevitabilmente indebita, essendo estranea al modello legale dell’istituto previsto dalla legislazione tributaria” (Cass. Pen., sez. III, n. 18459/2020).

Avv. Roberta Pinelli

18 Maggio 2022

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